Sui costi della non sicurezza.
Un recente comunicato stampa dell’OSHA (l’Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro), ripreso poi dalle principali testate specializzate sull’argomento, racconta come il costo, per l’Unione Europea, della non sicurezza sia arrivato, nel 2017, alla cifra di 476 miliardi di Euro. 476.000.000.000. Quattrocentosettantaseimiliardi. Causati da infortuni o malattie professionali. Di questa cifra, circa il 25% è dovuto ai tumori professionali.
La cifra legata alla non sicurezza è importante e, se confrontata con il PIL dell’UE del 2016, varrebbe circa il 3%. Detto molto malamente, è come se ogni 100 € fatturati, ognuno di noi ne pagasse 3 per pagare infortuni o malattie professionali.
Il fatto, però, è che in questi termini è davvero detto “molto malamente”. Perché i costi della non sicurezza, non possono essere solamente calcolati sulla spesa pubblica che serve a coprire gli infortuni e le malattie professionali.
Provo a spiegarmi meglio: i costi sostenuti dagli enti pubblici di previdenza e di assistenza (di cui possiamo avere un consuntivo con cadenza annuale) sono solo una parte dei costi economici che effettivamente derivano dalla non sicurezza.
Quali sono, dunque, le altre voci di costo?
Per rispondere a questa domanda non basta di sicuro un breve articolo, poiché la risposta va ricercata anzitutto a livello globale e sul piano dell’organizzazione e della strategia.
Facciamo un esempio concreto, con un semplice ragionamento per assurdo.
Un’impresa privata, che paga un lavoratore dipendente (chiamiamolo Tizio) 10 Euro l’ora, in condizioni di sicurezza vedrà remunerato l’investimento fatto su tale risorsa, perché questa produrrà valore e ricavi. Diciamo che ogni ora di lavoro, ciò che viene prodotto ha un valore di 100 Euro.
Immaginiamo che Tizio si debba fermare e non possa lavorare per un giorno, perché infortunato. L’impresa dovrà comunque pagare il suo stipendio, quindi avrà comunque un esborso di 80 Euro (calcolato sulle canoniche 8 ore lavorative), ma se Tizio era l’unico lavoratore impiegato, significa che per l’intera giornata l’azienda non avrà prodotto nulla, il che significa che avrà perso 800 Euro. Il che, di fatto, è come dover sostenere un costo di uguale importo.
Immaginiamo poi che Tizio dovesse produrre qualcosa di estremamente importante per un cliente, il quale, non ricevendo in tempo l’ordine perché l’impresa è stata improduttiva per un giorno, decide di rescindere il contratto di fornitura, mettendo a repentaglio il fatturato di mesi di lavoro futuro.
Chiaramente, l’imprenditore non gradisce che si prospetti una situazione simile, quindi assume una nuova risorsa specializzata (che nella migliore delle ipotesi costerà anch’essa 10 Euro l’ora), oppure ne impiega una dal livello professionale inferiore rispetto a Tizio (chiamiamola Caio), per fronteggiare una situazione momentanea. Questa soluzione, tuttavia, sebbene comporti un minor costo del lavoro, potrebbe comportare anche una minore redditività dello stesso (sia essa intesa in termini quantitativi o qualitativi).
Volendo mantenere lo stesso livello di quantità e di qualità, Caio dovrà necessariamente essere formato in modo specifico per fagli acquisire le stesse capacità e conoscenze di Tizio. Altra voce di costo da sostenere. A cui comunque si aggiunge quello della mancata produzione per il periodo in cui Caio è in aula e non in produzione.
Si può andare avanti all’infinito, anche considerando che, alla fine dell’anno, gli enti assicurativi probabilmente aumenteranno il premio richiesto, sulla base della variazione della classe di rischio che è derivata dall’infortunio.
Dio non voglia che Tizio, a seguito dell’infortunio, riceva un’invalidità permanente che non gli permetterà più di lavorare: questo significherebbe dover erogare una pensione d’invalidità che sarebbe finanziata con le nostre tasse e le imposte. Se aumenta il numero delle persone a cui pagare una pensione, probabilmente lo Stato farà in modo di aumentare il gettito.
Poi potremmo discutere su tutti quei costi occulti necessari per difendersi in tribunale (avvocati, spese processuali, periti di parte…) o per pagare le sanzioni amministrative o penali comminate, o per risarcire il danno procurato a livello civile. E, di conseguenza, i costi per valutare nuovamente i rischi, progettare realizzare e mantenere efficace un modello organizzativo e di controllo che sia idoneo, adeguato e che possa garantire la dovuta conformità alle disposizioni di legge e, magare, anche alle norme tecniche e agli standard internazionali.
Tutto questo, e molto di più, sono i costi della non sicurezza.
Ipotizziamo che Tizio si sia infortunato battendo la testa contro una sporgenza, perché sprovvisto di caschetto (DPI) che avrebbe dovuto essere consegnato, ma non è mai stato acquistato, per risparmiare una decina di Euro (e sto arrotondando per eccesso).
Bene. Vi sembra logico dover pagare tutto quello che abbiamo visto, e molto di più, solo per aver “risparmiato” 10 Euro? Se la vostra risposta è affermativa, signori, avete grossi problemi e il primo è quello di non saper valutare adeguatamente gli investimenti. Forse, fareste cosa migliore se smetteste di fare i datori di lavoro.