Nuove regole deontologiche in ambito privacy: focus sulle investigazioni difensive
Le Regole deontologiche relative ai trattamenti di dati personali effettuati per svolgere investigazioni difensive o per fare valere o difendere un diritto in sede giudiziaria non si limitano solo ad avvocati e investigatori privati
Recentemente sono state pubblicate le Regole deontologiche varate dal Garante per armonizzare e adeguare i vecchi Codici di condotta al GDPR e che si prefiggono di integrare le condizioni di liceità e correttezza dei trattamenti negli ambiti a cui si riferiscono in modo esclusivo, ossia:
- Attività giornalistica;
- Statistici o ricerca scientifica;
- Statistica o di ricerca scientifica nell’ambito del Sistema Statistico nazionale;
- Investigazioni difensive o per fare valere o difendere un diritto in sede giudiziaria;
- Archiviazione nel pubblico interesse o per scopi di ricerca storica.
“1. Le disposizioni di cui agli articoli 2 e 5 si applicano, salvo quanto applicabile per legge unicamente all’avvocato: a) A liberi professionisti che prestino o su mandato dell’avvocato o unitamente a esso o, comunque, nei casi e nella misura consentita dalla legge, attività di consulenza e assistenza per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria o per lo svolgimento delle investigazioni difensive; b) Agli altri soggetti, di cui all’art. 1, comma 2, salvo quanto risulti obiettivamente incompatibile in relazione alla figura soggettiva o alla funzione svolta.”
Talvolta, quindi, anche dottori commercialisti, esperti contabili e professionisti affini, possono essere i destinatari delle Regole deontologiche in esame, in particolare quando collaborano con gli avvocati nell’ambito di un’investigazione difensiva. Cos’è una “investigazione difensiva”? In modo estremamente sintetico, con il termine intendiamo l’attività di investigazione e di indagine che l’avvocato difensore può svolgere in modo indipendente e parallelo rispetto a quelle condotte dal PM, nelle more di quanto disposto dal codice di procedura penale. Come si deve comportare il professionista? Applicando l’art. 2 (“Modalità di trattamento”), il trattamento deve essere organizzato “secondo le modalità che risultino più adeguate, caso per caso, a favorire in concreto l’effettivo rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità degli interessati, applicando i principii di finalità, proporzionalità e minimizzazione dei dati sulla base di un’attenta valutazione sostanziale e non formalistica delle garanzie previste, nonché di un’analisi della quantità e qualità delle informazioni che utilizza e dei possibili rischi”. Sempre secondo lo stesso articolo, “nel quadro delle adeguate istruzioni da impartire per iscritto alle persone autorizzate al trattamento dei dati, sono formulate concrete indicazioni in ordine alle modalità che tali soggetti devono osservare”, rendendo di fatto obbligatorio quanto l’art. 2-quaterdecies del Codice privacy prevede come facoltà del titolare del trattamento. Inoltre, sempre l’art. 2 prevede che sia prestata specifica attenzione alla prevenzione dell’ingiustificata raccolta, utilizzazione o conoscenza di dati. L’art. 5 (“Comunicazione e diffusione di dati”), invece, dispone che “nei rapporti con i terzi e con la stampa possono essere rilasciate informazioni non coperte da segreto qualora sia necessario per finalità di tutela dell’assistito, ancorché non concordato con l’assistito medesimo, nel rispetto dei principii di liceità, trasparenza, correttezza, e minimizzazione dei dati di cui al Regolamento (UE) 2016/679 (art. 5), nonché dei diritti e della dignità dell’interessato e di terzi, di eventuali divieti di legge e del codice deontologico forense”. Particolare attenzione, dunque, dovrà essere posta all’assetto organizzativo dello Studio professionale, che dovrà essere in grado di far fronte adeguatamente anche a questi adempimenti, in particolare per quanto riguarda il coinvolgimento di sottoposti e collaboratori e i rapporti con i terzi, la stampa e i media in generale.Fonte: Fiscal Focus