Sicurezza e Organizzazione
È forse il più sottovalutato e meno considerato degli aspetti relativi alla sicurezza sul lavoro, eppure c’è un articolo appositamente dedicato: il 30 del Dlgs 81/2008, che tratta specificamente di sicurezza e organizzazione.
Se quasi tutti conoscono – di fama – il decreto sulla sicurezza sul lavoro, molti meno hanno familiarità con quello sulla responsabilità amministrativa degli enti. Questo perché c’è la tendenza a considerare quest’ultimo applicabile principalmente alle grandi imprese, ma sicurezza e organizzazione sono questioni comuni a tutti.
Il dato sconcertante, però, è che quasi nessuno (nella mia esperienza) si rende conto che il primo richiama espressamente il secondo con il suo articolo 30. Questo, di per sé, la potrebbe già dire lunga su parecchi consulenti in materia di sicurezza sul lavoro che la “vendono” solo come quella norma che obbliga le aziende a fare i corsi per i dipendenti (anche se dovrebbero essere per i lavoratori, cosa assai diversa) e a scrivere il DVR.
Per chi non conoscesse il Dlgs 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti, in estrema sintesi si può riassumere come quella norma che elenca una serie di reati contemplati da altre norme (per esempio il Codice Penale) per i quali si ritiene responsabile non solo la persona fisica che ha materialmente commesso o permesso l’illecito, ma anche la persona giuridica nel cui interesse o per il cui vantaggio questo illecito è stato commesso o tentato, e l’unico modo per l’ente di uscirne pulito è dimostrare di avere progettato e implementato un modello organizzativo adeguato a prevenire ed evitare l’evento. Solo se si riesce a provare che il sistema di controllo era attivo e che il fatto è stato commesso eludendo volontariamente i controlli predisposti, allora l’ente si può avvalere della cosiddetta “esimente” ed evitare pesanti sanzioni.
In pratica: se non sei organizzato bene e qualcuno commette un reato, l’azienda può essere co-responsabile.
Due dei reati contemplati (trattati dall’art. 25-septies) sono quelli previsti dagli articoli 589 e 590 del Codice Penale: l’omicidio colposo o le lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
Ora, se è vero che l’adozione di un modello organizzativo (quindi politiche interne, procedure, sistema di controlli organizzati e specifici, figure preposte alla vigilanza interna…) è solamente facoltativo secondo le disposizioni del Dlgs 231/2001, il discorso cambia radicalmente se si considera il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro.
Questo perché con l’articolo 30, il decreto dispone che “il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n° 231, DEVE essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici”…
Ovvero: tutte le aziende devono organizzarsi e dimostrare di essere organizzate per evitare che qualcuno si faccia male o muoia mentre sta lavorando.
Fortunatamente, organizzare un’azienda deve necessariamente tenere conto delle sue caratteristiche, quindi è possibile che due realtà abbiano modelli simili (magari realizzati sulla base di linee guida generali), ma è assolutamente escluso che questi siano esattamente identici. Ognuno deve organizzarsi secondo le sue peculiarità e secondo le sue necessità.
Il lato positivo della faccenda, è che questo genere di organizzazione, se progettato, realizzato e applicato bene, a fronte di una consistente spesa iniziale, già sul medio periodo consente di vedere risultati positivi, anche in assenza di infortuni e quindi lesioni o incidenti mortali.
In particolare, mi riferisco a un miglioramento generale della gestione aziendale, non solo con riguardo agli adempimenti strettamente connessi alla sicurezza, ma anche con riguardo ad altre voci di costo che sono comunque previste, come i premi assicurativi da versare all’INAIL.
In che modo? Per esempio attraverso la richiesta di riduzione del premio dovuto, che si può fare compilando e trasmettendo il modulo OT 24 (per le aziende operative da più di due anni) o il modulo OT 20 (per quelle nel primo biennio).
Tutto questo, senza dimenticare che l’adozione del modello di organizzazione e di gestione nelle imprese fino a 50 lavoratori rientra tra le attività finanziabili.
Vincere la battaglia quotidiana nella guerra contro gli incidenti sul lavoro è “solo” questione di organizzazione e ricordatevi che il miglior condottiero è quello che vince senza combattere.